Web3, evoluzione e futuro di Internet, oltre il metaverso
Internet non è più il futuro, ma il presente. E, per certi aspetti, è addirittura il passato. Nei luoghi in cui si discute di innovazione e la si produce, infatti, l’anno che è appena trascorso è stato caratterizzato da dibattiti importanti che hanno riguardato proprio il futuro di Internet. Mentre il web 1.0 si poteva considerare come una rete di sola lettura, con l’avvento del web 2.0 anche gli utenti meno esperti hanno avuto accesso alla possibilità di generare dei nuovi contenuti. Ecco perché è legittimo domandarsi quali potrebbero essere le caratteristiche del web 3.0. Il momento di confusione che stiamo vivendo coinvolge anche il pensiero relativo alle possibili evoluzioni del web, anche se sono due le principali teorie che, in un certo senso, si contrappongono. Da una parte si fa riferimento al metaverso, che viene evocato sempre di più, mentre dall’altra parte si cita il cosiddetto web3: in entrambi i casi, comunque, è una questione di soluzioni e visioni – per così dire – embrionali.
La curva a S e il futuro di internet
Il modello della curva a S può essere utilizzato in maniera efficace per definire la situazione in cui ci troviamo. Sono due le variabili che vengono messe in relazione da questo modello: il tempo di vita di una certa innovazione sul mercato e la quantità di persone che si servono di quella innovazione. In genere, nel momento in cui una tecnologia viene lanciata sul mercato, attecchisce con difficoltà, ed è in grado di sopravvivere unicamente per mezzo degli investimenti di qualcuno che ci scommette. Dopodiché, la diffusione cresce per effetto delle attività di marketing, che favoriscono il successo dell’innovazione e la sua fruizione da parte di un numero di persone sempre più elevato. Poi, nel momento in cui il mercato comincia a saturarsi, si verifica una fase di stagnazione delle nuove adozioni, e così si crea lo spazio per nuove innovazioni.
Che cos’è il web3
Ma in che cosa consiste di preciso il web3? Si tratta di una rete decentralizzata in cui un insieme di protocolli nuovi va a prendere il posto della tipica struttura client server per la quale la gestione e la conservazione dei dati spettano a enti centrali fidati. Un ruolo di primo piano in questo senso spetta alla tecnologia blockchain, che è rappresentata da un registro distribuito e aperto su una rete di computer di tipo peer to peer. Così, se il front-end è stato innovato dal web 2.0, con l’arrivo del web3 a essere modificato sarebbe il back-end delle esperienze delle persone in rete. Ethereum è un esempio delle blockchain moderne, che possono essere programmate come uno smartphone o un computer. La differenza sta nel fatto che i programmatori hanno la facoltà di creare delle applicazioni in cui sono presenti contratti – i cosiddetti smart contract – che vengono eseguiti in automatico nel momento in cui si concretizzano delle specifiche condizioni. Dunque, queste applicazioni non possono essere modificate con facilità, e in molti casi presuppongono, grazie ai token, una distribuzione fra gli utenti dei diritti di voto e di proprietà.
Chi promuove il web3
A promuovere il web3 sono capitalisti di ventura come a16z e sviluppatori che pensano o vogliono far credere che un assetto della rete di questo tipo sarà in grado di offrire maggiori occasioni ai creator e ai piccoli imprenditori togliendo al tempo stesso potere alle imprese big tech. Uniswap, Maker e Compound sono state le prime decentralized applications che hanno prodotto una notevole adozione: si parla non a caso di finanza decentralizzata. In pratica, non sono più delle entità centrali a garantire le funzioni, ma dei protocolli automatizzati che vengono gestiti da comunità diffuse. Stiamo parlando di applicazioni di nuova generazione che sono oggetto di sperimentazione anche per la creazione di marketplace, di social media e di giochi che si fondano sulla blockchain. Tali applicazioni decentralizzate prevedono, fra l’altro, la distribuzione di token e il loro impiego. I token non sono altro che certificati che integrano precisi diritti ben codificati: per esempio quello di ricevere del denaro, quello di vendere, quello di votare, e così via. Gli NFT, Non Fungible Token, sono i token più conosciuti, e vengono utilizzati in modo particolare per gli oggetti da collezione digitali e per le opere d’arte.
Dubbi e perplessità sul web3
Chi combatte a favore del web3 afferma che questa innovazione potrà garantire dei vantaggi anche agli utenti, i quali saranno messi nelle condizioni di possedere e gestire i propri dati, scegliendo a chi concedere il loro utilizzo. Le persone, inoltre, potranno prendere parte in maniera attiva alle decisioni relative all’evoluzione dei servizi che verranno impiegati. Ci troviamo, comunque, in una fase che è ancora embrionale, anche perché occorre capire se i nuovi servizi sarebbero realmente in grado di risolvere dei problemi concreti di tutti gli utenti della rete o unicamente quelli di una parte. Ecco perché è bene interrogarsi su quante sarebbero le persone che potrebbero scegliere di partecipare in maniera attiva. Per ora vengono effettuati investimenti importanti, ma non si può escludere a priori che tutto si trasformi in una bolla pronta a esplodere, come è successo per le dot.com. Ma se anche ciò dovesse accadere, non si dovrà commettere lo sbaglio di buttare il bambino con l’acqua sporca. Più che una totale transizione verso il web3, quindi, ha senso parlare di un pacifico e redditizio connubio fra i servizi 2.0 e quelli 3.0.
Il metaverso e il futuro di Internet
L’altro trend di cui si sente parlare sempre più spesso a proposito del futuro di Internet è quello che chiama in causa il metaverso, una realtà nella quale Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha investito una notevole quantità di denaro. Ormai anche i non addetti ai lavori ne hanno sentito parlare, con un hype davvero elevato, al punto che ogni novità digitale presentata da qualche mese a questa parte fa pensare subito al metaverso. Ma che cos’è di preciso il metaverso? La realtà virtuale, la realtà aumentata e le nuove tendenze di Internet si intrecciano dando vita a una realtà composita.
La realtà virtuale
Per quel che riguarda la realtà virtuale, per esempio, non sono poche le questioni di natura tecnologica che devono essere risolte: per esempio quelle che chiamano in causa la potenza di calcolo, l’autonomia e il peso dell’hardware. Inoltre, è bene sviluppare in maniera più approfondita la possibilità di mappare i vari elementi reali che si presentano nel campo visivo degli utenti. Questa mappatura deve essere effettuata in tempo reale, e questo implica avere una copia del mondo digitale su cui poggiare gli elementi digitali a cui si è interessati. Non è uno sviluppo immediato, ma potrebbe volerci ancora qualche anno: il fatto che si siano messi al lavoro colossi come Meta ed Apple, comunque, fa ben sperare. La stessa Microsoft ha stipulato un accordo con Samsung con l’intento di lanciare sul mercato di messa i suoi HoloLens.
Le potenzialità della realtà aumentata
Il fondatore di Snapchat Evan Spiegel ha cominciato a convincersi delle potenzialità che caratterizzano la realtà aumentata nel momento in cui si è reso conto di quanto, nella sua app, avessero successo le Lens, cioè le maschere virtuali. Dopodiché si è messo al lavoro su un preciso hardware. Gli Spectacles, che erano gli occhiali iniziali, erano in grado unicamente di catturare le immagini, mentre quelli che verranno proporranno funzioni di realtà aumentata. Gli sviluppatori sono già impegnati a testare esperienze nuove. Snap e Niantic Labs sono due delle aziende che da tempo investono in questo settore tecnologico, e quindi credono fermamente che il metaverso possa favorire ed essere considerato un miglioramento delle esperienze di augmented reality.
Che cosa fa Niantic Labs
Niantic Labs è una realtà che è stata creata nel 2010 come startup facente parte di Google, e nel 2015 è divenuta indipendente. Questo marchio è stato il primo al mondo a proporre Ingress, che è il primo gioco mai esistito di realtà aumentata, ma soprattutto è alla base del successo di Pokemon Go, da cui sono scaturiti ricavi per più di 6 miliardi di euro. John Hanke, Ceo di Niantic Labs, ha affermato di essere in disaccordo con la visione che Zuckerberg ha del futuro, perché si basa sulla costruzione di una realtà alternativa. Il metaverso, insomma, viene inteso come un posto in cui scappare per non affrontare la vita reale. L’idea di Hanke, invece, è quella di migliorare la nostra realtà: aumentandola, appunto, per incentivare le persone a scoprire il mondo circostante e a connettersi con gli altri. Così si spiega il progetto degli occhiali AR, mentre è già stato presentato un kit dedicato alla piattaforma Lightship grazie a cui si potranno vivere esperienze paragonabili a quelle offerte da Pokemon Go.
Le applicazioni della realtà virtuale
Quel che Mark Zuckerberg sembra volere è un metaverso in grado di migliorare le esperienze di realtà virtuale. Secondo il papà di Facebook, il metaverso è la prossima inevitabile tappa nel percorso di evoluzione di Internet, anche se è inevitabile che Zuckerberg pensi soprattutto ai propri affari e, quindi, ai propri prodotti. Quello che teorizza è un universo composto da tanti mondi, in cui ci si possa immergere soprattutto usando dei dispositivi ad hoc (magari i controller e i visori di Oculus, azienda di proprietà di Zuckerberg) per vivere esperienze ludiche (magari usando Horizon Venues, applicazione proposta da Zuckerberg) o esperienze di lavoro (con Horizon Workrooms – e non c’è bisogno di spiegare da dove arriva questa applicazione, giusto?). Di lavoro da fare ce n’è ancora tanto, comunque: la realtà virtuale di oggi è apprezzabile solo nelle applicazioni di gioco, ma non è ancora un mondo alternativo ospitale in grado di favorire la socializzazione delle masse. I problemi da risolvere sono molti: da un lato il fatto che ci siano ancora poche applicazioni non correlate al gioco, e dall’altro lato il fatto che l’hardware necessario è considerato eccessivamente invasivo e pesante. In più, devono ancora essere analizzate in profondità le dinamiche che possono caratterizzare la socialità virtuale. Zuckerberg, comunque, ha i numeri dalla sua parte. Solo lo scorso anno i dispositivi Oculus che sono stati venduti hanno superato la soglia degli 8 milioni di unità, più di quanto ha venduto la console Xbox. Non solo Meta, comunque, si sta impegnando sul fronte della realtà virtuale, un ambito che vede al lavoro anche Varjo, Valve e altri costruttori di hardware quali Pimax, HTC e, ovviamente, Microsoft e Sony.
Il metaverso evoluzione inevitabile di Internet
Il progetto più ambizioso di tutti, in riferimento al metaverso, è quello che lo concepisce come evoluzione di Internet. A sostenere questa teoria è l’investitore e analista dei media Matthew Ball, secondo il quale il metaverso sarà l’evoluzione della rete odierna, vale a dire una serie di esperienze e contenuti immersivi, di linguaggi, di tecnologie, di protocolli e di dispositivi di accesso. Quella che ne deriverà sarà una rete interoperabile e persistente, in grado di garantire esperienze sincrone e caratterizzata da un’economia propria, senza limiti di partecipanti. È evidente, però, che ci sono ancora un sacco di ostacoli di natura tecnologica che devono essere superati, relativi per esempio alla potenza computazionale e alla capacità di banda, ma anche agli standard che servono ad assicurare l’interoperabilità fra diverse esperienze. Il metaverso concepito in questo modo avrebbe bisogno del lavoro coordinato di un gran numero di organizzazioni, ciascuna con una specifica specializzazione, e in ogni caso si potrebbe tradurre in realtà fra molti anni.